giovedì 18 agosto 2011

UN GIORNO PER CASO...- 12

La sveglia del cellulare mi fece dissonnare dolcemente con la bellissima melodia della Ninna Nanna di Bella, tratta dal film Twilight, ovviamente suonata al pianoforte da Robert…Robert…Robert…merda! Sbarrai gli occhi, era proprio quel Robert con cui mi ero imbattuta il giorno prima e con il quale avevo un appuntamento nel pomeriggio!!! Il sonno mi abbandonò subito e mi alzai di scatto a sedere sul letto: maremma santa, era sempre tutto vero! Che bellezza, mi sentivo profondamente ottimista ed impaziente, la notte aveva smorzato un po’ le mie paure e nonostante tutti i timori della sera passata, mi sentivo più sicura di me.
Avevo avvertito Bètta di lasciarmi dormire e di andare tranquillamente in giro con i ragazzi: avevo bisogno di stare sola per prepararmi.
Mi alzai e rifeci la doccia nonostante l’avessi fatta poche ore prima…meglio rifarla, non si sa mai!
Mentre mi asciugavo i capelli mi guardavo allo specchio e pensavo a tremila cose. Avevo già trentacinque anni, nove in più di Robert; tutte le persone me ne davano molti meno per fortuna, ma insomma il mio corpo non mentiva, non era mai stato e non era di certo adesso un granché. Voglio dire, non ero eccessivamente grassa, se ritiravo la pancia di profilo ero fighissima ma…lato A e lato B…pieni di rotolini di ciccia, che palle, struffiai arrabbiata con me stessa per non aver fatto più sport.
I miei finissimi capelli erano già asciutti: loro sì che non li potevo sopportare! Nella mia prossima vita sarei rinata con i capelli di una donna africana, quelli che vengono a cesta, che quando ti alzi la mattina non importa che ti pettini! Ciuffo a destra, a sinistra, frangia…fate come vi pare, fanculo!
Mi vestii, presi un maglione che mi piaceva molto dalla valigia: era in fondo ed afferrandolo sotto vi trovai la mia collanina, la gemella di quella di Giovanni: ma certo che l’avevo con me…
L’emozione e la frenesia di organizzarmi per il pomeriggio con Robert mi avevano fatto dimenticare ciò che era successo durante la serata trascorsa da poco. Decisi che non era il momento di rimuginare su quel fatto e lo rimandai a quando sarei tornata, a meno che non mi fosse presa una sincope prima.
Richiusi la valigia e terminai il mio restauro.

Faceva freddo a Regent’s Park, nonostante fossero le prime ore del pomeriggio. Il cielo era cupo, sembrava che finalmente si preparasse per nevicare. Per fortuna il vento era calato e non sentivo come il giorno prima quell’aria tagliente sul viso. Il parco era animato da diverse, ma non molte,  persone che passeggiavano lentamente o che andavano in bicicletta e tutt’intorno riecheggiavano le voci della gente: mi piaceva molto quel paesaggio.
Avevo provato a non mettere il cappello, non volevo assolutamente rovinarmi i capelli…ma con quel freddo mi sentivo già le orecchie gelate, chissà per quanto avrei resistito. Iniziai ad intravedere il laghetto al centro del parco, contornato da grandi alberi sempreverdi: avvicinandomi ancora mi accorsi che l’acqua era ghiacciata.
Eccoci, mi trovavo al laghetto di Regent’s Park ed erano le tre in punto.
Riuscivo a vedere tre panchine intorno a quello specchio d’acqua e su una di queste era seduto lui: stava suonando la sua chitarra. Era inconfondibile, aveva il bomber del giorno prima e qualche ciuffo biondo rossiccio faceva capolino dal suo solito cappello nero. Suonava una melodia dolce. Avevo la sensazione di essere stata risucchiata da un libro di favole celtiche, che intorno a me ci fossero fate e folletti, Robert sembrava proprio lo spirito del bosco…era così bello che pareva evanescente…sentivo dentro di me il tintinnio di tanti campanellini dall’emozione di vederlo di nuovo: rimasi incantata ad osservarlo suonare.

Fairytale - Enya  (clicca per YouTube!)

D’improvviso il cuore batteva così forte che potevo sentirlo rimbombare nelle orecchie e quasi mi venivano le lacrime agli occhi per compensare tanto stravolgimento emotivo.
Le note terminarono, alzò la testa e si accorse della mia presenza.
"Trilly! Ciao! Vieni, siediti! Quasi credevo che non saresti arrivata…" mi salutò alzandosi con la chitarra in mano.
"Ciao Robert, bhè, non mi pare di essere in ritardo…" risposi un po’ perplessa
"Bobby, ricordi? Preferisco che tu mi chiami così…" si raccomandò guardandomi negli occhi. Inutile raccontare come cristallini fossero quelle meravigliose iridi. Sembrava di poterci volare dentro.
"Giusto, scusa, Bobby…il mio orologio non va indietro e non sono in ritardo… solo che non volevo interromperti mentre suonavi, era una musica così bella!" confessai,
"Da quanto tempo sei qui allora? Non mi ero proprio accorto, scusa, quando suono sono un po’ in un mondo tutto mio"
"Solo una decina di minuti, non ti preoccupare, è stato bello ascoltarti!"
Mi osservò per una frazione di secondo poi esordì
"Mmmm, hai qualcosa di diverso da ieri…cos’è…aspetta, dov’è il tuo glorioso cappello rosa?"
"Ohhh, lo tengo in borsa, adesso non mi serve…" mi giustificai arrancando nel buio della sorpresa che mi avesse fatto una simile domanda e non volendo scossi la testa facendo dondolare i capelli.
Sono sicura che si accorse di questo gesto involontariamente civettuolo perché un sorriso malizioso si dipinse sulla sua bocca di fragola
"Ieri non mi ero accorto che avevi i capelli lunghi, sei proprio diversa…" mentre pronunciava queste parole per me così sconvolgenti si mise tranquillo tranquillo ad accordare la chitarra.
Rimasi spiazzata tanto che pensai ad alta voce in italiano come mio solito " Ecco mi pareva…dovevo essere proprio un cesso ieri coi capelli spiaccinati…s’incomincia bene vai!"
" Ma cosa dirai sempre in italiano?!Non hai freddo alla testa? Io non riuscirei a stare senza cappello con questo gelo…e poi il rosa ti dona sai?"continuava ad accordare quell’aggeggio.
"Mi dona il rosa???????"  ero incredula "Anche tu sei molto diverso da ieri bello mio!"
Rise. Altro colpo duro per la salute cardiaca, ma dovevo assolutamente sopravvivere.
"Touché!...Sì, lo so...è per questo che ti ho detto di venire qui, immaginavo che con queste temperature invernali il parco non fosse affatto affollato, ed io sono più tranquillo, non devo per forza stare in guardia da paparazzi e fans..sono più rilassato lo ammetto" mi guardò occupandosi sempre del suo strumento" non è semplice convivere con questa situazione".
Mi feci coraggio e domandai "E’ per questo che mi hai chiesto di chiamarti Bobby?"
"Sì, è per questo; a scuola alcuni amici mi chiamavano Bobby…mi fa sentire bene, non ne posso più di sentir urlare il mio nome o Rob da tutti, di leggerlo sui giornali che dicono spesso fandonie, sex symbol di qui, sex symbol di là…sono stanco..e così..ti scoccia forse?"  alzò il suo sguardo dolce su di me: intuii che non avesse piacere di allungare questo discorso, sembrava quasi sfuggente.
"Scocciarmi? Assolutamente no!" dissi decisa e pensando subito dopo che anzi, mi piaceva tantissimo questa cosa, era come averlo per me, un segreto tra noi due, insomma quasi una cosa intima! Io Trilly, tu Bobby…mi faceva impazzire proprio invece!
Posò la sua chitarra, prese una sigaretta, le mie funzioni vitali si bloccarono, l’accese e parlando a mezza bocca mi chiese " Dimmi, Trilly, raccontami in che film in Italia mi hai visto la prima volta…come mi hai conosciuto, diciamo?"  il fumo uscì dalla sua bocca ed io avevo già il respiro grosso e la saliva che mi ostruiva pericolosamente la gola.
Era sfacciatamente bello.



" Allora…diciamo che la prima volta ti ho visto in Harry Potter ma ho scoperto, come si può dire"  mi schiarii la voce " ho scoperto il tuo…il tuo…talento! Ecco, talento è la parola giusta, in Twilight…e poi tutti i film della saga…ma gli altri film che hai fatto al di fuori della saga mi son piaciuti ancora di più…direi un ragazzo molto talentuoso…nella parte di Tyler specialmente….direi talentuosissimo!" dondolavo la testa in avanti come per rafforzare ciò che stavo dicendo, che era anche vero, ma ovviamente mancava l’altra parte della verità…quella fisica, del corpo e del cuore.
Aspirò quella sigaretta con tale eleganza che anch’io inspirai sollevando il petto come per seguire i suoi movimenti, si voltò "Vuoi fumare? Non ti ho chiesto se fumi.."
"No, no no non fumo, ma tu fuma pure quanto vuoi..non mi dà fastidio…" mi sgonfiai di colpo, color porpora in viso.
"Ok, va bene…non so nulla di te Trilly, quanti anni hai?"  il fumo gli usciva dalla bocca…che prova di sopravvivenza!!!
"Ohhh…ne ho……shsgstsghcinque"  biascicai mangiandomi le parole.
"Cosa?Venticinque?Hai quasi la mia età allora!" esclamò ed io ringraziai Madre Natura per avermi regalato il dono di dimostrare molti meno anni di quelli che avevo realmente; ma non tolleravo di dirgli un’altra bugia. Mi lasciai andare all’indietro appoggiandomi alla panchina
"Macché Bobby…magari…trentacinque, ho detto, trenta-cinque" confessai con un risolino scandendo bene le parole e studiando la sua reazione.
Mi fissò con quella dannata sigaretta ciondoloni dalle labbra
"Una donna italiana che si fa chiamare come una fata e che pare una ragazzina…ma chi ti ha mandato?" scherzò
"La profezia dei Maya….forse…" risposi anch’io con tono scherzoso pensando che lui era la vera magia e non certo io.
Ridemmo insieme. Brividi di freddo e di emozione mi pervadevano ed ebbi ancora quella strana sensazione di trovarmi in un posto strano…

lunedì 8 agosto 2011

UN GIORNO PER CASO - 11


Solo con il calore dell’acqua sulla mia pelle riuscii a distendere i muscoli tesi ed a riflettere sull’accaduto: mi sembrava di vivere una vita surreale, ma mi convinsi che l’avevo incontrato davvero…che il destino mi aveva fatto un regalo e non potevo rovinarlo! Robert era reale, ci eravamo parlati, toccati…tutto era vero. Mi resi presentabile per la cena imponendomi di fare del mio meglio per farmi vedere tranquilla e disinvolta, mi sentivo responsabile per lui.
Ci incontrammo tutti nella hall dell’albergo e, come ai vecchi tempi, ci incamminammo verso la metropolitana per raggiungere Piccadilly Circus. I miei compagni di viaggio c’erano tutti: Bètta, Giovanni e poi c’erano anche Filippo, Francesco e la mitica Agnese.
Filippo era il miglior amico Giovanni, Francesco lo avevamo conosciuto in college, un ragazzo meraviglioso,di bell’aspetto, gentile. A suo tempo eravamo diventati come fratello e sorella , ci confidavamo tutti i nostri problemi e le nostre gioie: era stato molto bello poter condividere tante esperienze insieme. Per lungo tempo avevamo continuato a scriverci lettere prima dell’avvento di Internet…poi, come tutte le cose, ci eravamo persi. Ed infine la Agnese, il personaggio del gruppo. Figlia di due insegnanti Agnese era un teatrino vivente anche ora che era diventata una bravissima guida turistica: aveva vissuto per molti anni a Lisbona e quasi sempre in Portogallo esercitava il suo lavoro. Aveva dei modi di fare e di dire unici, qualsiasi cosa si mettesse a fare, succedeva sempre qualcosa per cui quella esperienza veniva ricordata scompisciandosi dalle risate.
La cena fu molto piacevole, con toni molto sereni ed allegri: raccontammo vecchie storie e ci aggiornammo sulle nostre vite attuali. Ad un certo punto Agnese mi chiese cosa avessi fatto tutto il pomeriggio da sola e che ero mancata loro molto. Sapevano tutti della mia ossessione per il bell’attore inglese e quindi risposi candidamente:< Ma niente di speciale, ho incontrato per caso Robert Pattinson, abbiamo pranzato insieme, fatto due passi, mi ha dato un appuntamento e domani ci rivediamo…>
Scoppiò l’ilarità generale, chi diceva:< Ti piacerebbe!> chi <Ti sei fusa il cervello con quello lì!> altri <Facci vedere il morsooooo!>,
<Ok ok scherzavo….> cercai di catturare la loro attenzione con il cuore che mi batteva a mille per l’emozione di aver detto a voce alta l’incredibile verità. Raccontai la stessa storia che avevo sparato a Bètta con la variante che il fantomatico Bobby avrebbe avuto piacere che io l’aiutassi a scegliere l’arredamento per il locale che voleva aprire…Bètta mi guardò allibita,  le detti una gomitata e la guardai facendole l’occhiolino come per dirle di tacere sulla storia del nightclub…accipicchia quante bugie avevo messo in campo…mi augurai di poterle reggere tutte.
Facemmo una passeggiata per il bellissimo Piccadilly Circus, era incredibile come ci comportavamo nello stesso modo di tanto tempo fa..Gianni si avvicinò subito a me <Ti ho portato una sorpresa> mi disse.
<Ah sì? Che cosa?> chiesi curiosa e distratta. Tirò fuori dalla tasca un oggetto che quando riconobbi ebbi un tuffo al cuore: quelle cose che quando rivedi, tocchi o annusi ti sembra che si apra un portale del tempo e che tutto scorra velocemente all’indietro ed una sensazione di confusione ti pervade perché non ti rendi più conto in che spazio temporale di trovi. Fissai per un lungo momento la vecchia e consumata collanina che Gianni aveva in mano. Il penultimo giorno della nostra vacanza eravamo andati in un centro commerciale;
andavano di moda queste collanine corte al collo con vari pendagli. Avevamo deciso di comprarcele due uguali in modo che non ci saremmo mai dimenticati l’uno dell’altra ed avevamo passato tutto il nostro tempo a disposizione per scegliere, a nostro avviso,  la più carina;  il ciondolo era un Tao di colori cangianti verdi e azzurri. Per anni avevo indossato quel piccolo vezzo chiedendomi se anche lui facesse lo stesso ed ora eccotelo con questa collana in mano…volevo urlare…
<Sapevo che saresti rimasta di stucco> sorrise lui< sono convinto che credevi l’avessi persa o buttata con il tempo..>
<In effetti…> sussurrai imbarazzata,
<Tu hai ancora la tua vero? L’hai con te?>
Scoppiai a piangere, il mio corpo non era più in grado di reggere emozioni per quella giornata e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. E poi non mi ci voleva proprio una cosa del genere, dovevo concentrarmi sull’appuntamento del giorno dopo.
<Ho fatto qualcosa di sbagliato Eva?> mi domandò Gianni preoccupato
<No..sì…insomma non so dirlo adesso..sono stanca voglio tornare in hotel, voi continuate pure, torno da sola..> cercai di parlare tra le lacrime
<No, è tardi, torniamo tutti..mi dispiace, possiamo riparlarne domani o..quando torni da quel tuo amico…se ti va, pensavo di farti piacere, scusa…> Giovanni era mortificato e deluso dalla mia reazione, ma non poteva sapere tutto.
<Non preoccuparti, devo solo riposarmi un po’…sì, certo che riparliamo..> mi asciugai in fretta le lacrime vedendo avvicinarsi gli altri.
Francesco si accorse del mio disagio e sentii arrivare un messaggio sul telefono: lo lessi “ Quando te la senti non vedo l’ora di sapere cosa stai intrallazzando…stai tranquilla, puoi sempre contare su di me
Mi voltai e gli rivolsi uno sguardo carico di gratitudine.
Arrivammo in albergo, loro si trattennero a bere un drink, io salii in camera, mi misi in pigiama ed andai a letto: ero in preda al panico, nel giro di ventiquattro ore erano successe le cose più incredibili e belle che mai mi fossero accadute nella vita; l’uomo dei miei sogni aveva incrociato la mia esistenza ed il ragazzo tanto amato e mai dimenticato sembrava essersi svegliato da un sonno profondo…ma che stava succedendo?!
Cercai di addormentarmi stringendo a me il mio cappello indossato da Robert…mi sembrava di sentire l’odore dei suoi capelli e mi dava conforto. Ordinai a me stessa di dormire e riposare altrimenti la mattina dopo avrei avuto un aspetto orribile.