mercoledì 8 febbraio 2012

UN GIORNO PER CASO - 17

Era già mattina presto e non riuscivo più a prendere sonno, ero in trepidazione ed avevo un lieve dolore allo stomaco. Rimasi un altro po’ a letto, sveglia, ripensando alla sera appena passata.
Presi in considerazione l’ipotesi di Elisabetta, cioè che avessi avuto una visione, una specie di allucinazione.
Non era credibile che Robert fosse là proprio in quel preciso momento, proprio vicino a quel ristorante.
Sarebbe stata una coincidenza troppo impossibile! E se fosse stato lì perché sapeva che anche io c’ero?
Ma figuriamoci, prima di tutto, chi poteva averglielo detto e poi, cosa ancor più importante, che motivo avrebbe avuto di venirmi a cercare e farsi vedere da me, col rischio che qualcuno lo avesse riconosciuto…sarebbe successo un putiferio e questa volta non avrei potuto aiutarlo.
No, riconsiderando tutti gli elementi, arrivai alla conclusione che potevo essermi immaginata tutto: forse l’agitazione per la giornata di oggi, per quella appena trascorsa al parco; qualche risata di troppo, un bicchiere di birra in più, lo stomaco sotto sopra, il freddo…Giovanni aveva insistito di mangiare fuori nonostante il clima per godere di più dell’atmosfera…sì, invece di una bella congestione avevo avuto un’allucinazione e Robert era apparso come un cavaliere su un unicorno alato.
Decisi che non avrei chiesto nulla a Bobby ed avrei fatto finta di niente: le cose dovevano stare per forza in questo modo.
Bètta si alzò e si preparò per uscire: erano già le otto e mezzo, avevo riflettuto a lungo!
Mi dette un bacio sulla guancia e mi raccomandò di stare tranquilla, che tutto sarebbe andato per il meglio, di essere il più naturale possibile…facile a dirsi con un uomo di quella portata di fronte! Era già tanto se non cadevo in catalessi quando lo avevo vicino! Ma da perfetta dottoressa molto pragmatica lei sosteneva che fosse quello che si prova davanti all’uomo che si ama, qualunque esso sia. Non ero molto d’accordo con lei, ma volli convincermene per darmi un’iniezione di autostima.
Robert mi aveva detto di aspettarlo alla fermata della metropolitana di Canary Wharf.
Erano circa cinque minuti che aspettavo quando vidi un’auto blu metallizzata accostare al marciapiede e suonarmi.
Era lui.
Cercai di mantenere un minimo di autocrontollo e salii.
-Ciao Trilly, buongiorno! Come va?- mi salutò.
Il mio stomaco già malconcio ebbe una fitta quando lo vidi: non aveva occhiali da sole e nemmeno il cappello: così al naturale mi fece quasi sobbalzare.
-Direi abbastanza bene, mister De Niro…conosce come le sue tasche le scorciatoie di Londra,eh?!-
Risposi quasi sarcastica ripensando al messaggio che Allison mi aveva dato il giorno prima.
Mi allacciai le cinture, lui partì ed io continuai ormai presa un po’ dalla gelosia
-Come hai fatto a far stare zitta quella Allison? Le hai dato una bella mancia o le hai fatto gli occhi dolci?!-
Bobby si voltò a guardarmi sorridendo e scuotendo la testa
-Whhhat? Trilly ma per favore…Allison è una mia vecchia compagna di classe e quando mi hai detto che stavi in quell’hotel mi sono ricordato di lei,  ne ho approfittato e basta…ma poi per quale motivo me lo chiedi?- mi domandò stringendosi nelle spalle e stampandosi sul viso una di quelle sue espressioni indecifrabili.
Mi pentii subito di essermi fatta guidare dall’impulsività dei sentimenti e cercai una scusa da dirgli
-Bhé.., insomma, così, per la tua sicurezza..mi sarebbe dispiaciuto se per far arrivare un messaggio a me ti fossi messo nei guai…sì, ecco, per questo!- spiegai
-Allora ti ringrazio ma ormai penso di saper badare a me stesso..o quasi, non credi?-
-Certo, scusami, non volevo offenderti- dissi maledicendomi
-Non preoccuparti, è tutto a posto, non ne parliamo più. Dimmi, piuttosto, abbiamo qualche ora da passare a Brighton prima che venga buio e freddo…ti piacerebbe fare qualcosa in particolare?- il suo tono si era rilassato.
- La domanda di riserva?- chiesi distrattamente in italiano ridendo di me stessa e coprendomi il viso con le mani.



-Che cosa hai detto? Ma perché ridi? Uno di questo giorni andrò da Danny e mi farò fare un po’ di scuola di italiano…così capirò finalmente quello che non vuoi che comprenda…- mi disse con un tono ammiccante che quasi mi fece andare per traverso la saliva.
- Non sia mai! Bene, allora oggi in riva al mare ti insegnerò le più belle parolacce in italiano, anzi in toscano che rendono molto meglio!- proposi
- Ok! Ci sto!- ribatté Robert divertito.
Avevo capito che a Bobby piaceva trascorrere del tempo in serenità, con tranquillità, senza essere ossessionato: per poco non avevo combinato un pasticcio, dovevo stare molto attenta a non far trapelare nulla dei miei sentimenti, anche se mi sembrava un’impresa titanica…il mio amore per lui mi usciva fuori pure dalle orecchie…come poteva non accorgersene?! Di sicuro stava facendo finta di niente.
In ogni caso, decisi che avrei provato a dargli solo ciò che cercava, amicizia senza obblighi…ma ormai mi conoscevo e sapevo che era difficile venire a patti con l’istintiva che era in me e che mi aveva guidato la maggior parte delle volte nella mia vita. Quindi decisi che sarei stata per lui l’amica che cercava a meno che non fosse capitato di nuovo “l’attimo fuggente” come quella sera in camera di Giovanni. Non avrei fatto volare via il destino un’altra volta, non QUESTA volta.
Feci un sospiro, ingoiai la saliva e ricacciai nel profondo, per il momento, tutto ciò che mi aveva invaso il cuore e la mente: lo guardai e fui sicura che per lui, per quello sguardo, per quegli occhi avrei fatto di tutto al fine di farlo stare bene, tranquillo, per vederlo sorridere allegro come un attimo prima.
(n.d.r.: mi scuso per la qualità del video, ma non sono riuscita a trovarne di migliori, provate ad alzare il volume e con l’occasione ricordo che i miei video hanno lo scopo non solo di fare da colonna sonora, ma soprattutto per accentuare le emozioni che provo nel racconto. ;-))


Eravamo già usciti dalle strade di Londra e davanti a noi si apriva la bellissima e suggestiva campagna inglese: prati a dismisura con quelle casine bianche in mezzo. Era una bella giornata per fortuna, fredda ma con un tiepido sole che bastava a scaldare un po’ l’aria. Nonostante il meraviglioso paesaggio il dolore allo stomaco si stava facendo sempre più acuto ed avevo una vaga nausea che non mi piaceva per niente.
Fin da piccola soffrivo di mal d’auto e quella guida all’incontro certo non mi aiutava…inoltre Robert guidava come uno spericolato e la cena della sera prima me la sentivo tutta galleggiare…avevo bisogno di un po’ d’aria o sarebbe accaduto il peggio.
-Bobby….- lo chiamai con un filo di voce
-Sì?- si voltò verso di me- Oh merda Trilly ma sei bianca come un fantasma, ti senti male???-
-Bhè sì..in effetti potrei stare meglio, puoi accostare e fermarti un minuto? Ho bisogno di prendere un po’ d’aria o vomiterò dentro questa tua macchina pulitissima e bellissima, ho reso l’idea??? Mi dispiace…-
- Ok ok resisti adesso mi fermo subito, trovo un posto…ma perché non mi hai detto che soffrivi di mal d’auto???!!!- mi domandò ridendo
-Non c’è nulla da ridere, non è il momento di fare domande, ferma questa cazzo di macchina adesso!!!- implorai
-Adoro il tuo linguaggio così colorito!- precisò con un sorriso che mi fece rivoltare ancora di più lo stomaco.
Lo guardai minacciosa ed appena si fermò volai fuori dall’auto e corsi nel prato al bordo della strada.
Mi misi seduta su un muretto di pietra e feci dei respiri profondi sperando che la nausea scomparisse da sola, ero la solita pasticciona.
Robert si avvicinò a me accendendosi una sigaretta ed in quel momento ebbi anche un capogiro vedendolo fumare in quel modo sensuale. Era uscito di macchina senza cappotto, aveva un maglione nero e dei jeans scuri: era bellissimo con i suoi capelli rossicci che ricadevano perfettamente sul viso e la sua barba di qualche giorno. Avrei voluto toccarlo, ma fu lui a toccare me.
La brezza leggera mi aveva scompigliato i capelli, avevo la frangia tutta sugli occhi: con un dito mi spostò qualche ciuffo verso le tempie, io smisi di respirare altrimenti si sarebbe accorto che quei respiri erano sospiri affannosi.
-Ti senti meglio adesso? Potevi dirmelo che non ti trovavi bene con l’auto, saremmo rimasti a Londra!- mi rimproverò
-Sono anni che non soffro più il mal d’auto…certo non ero preparata per la tua guida sportiva!!-
-Oh io non guido in modo spericolato, non è assolutamente vero- rispose facendo il finto offeso- piuttosto, sono certo che quell’intruglio disgustoso che stavi mangiando ieri sera col tuo amico sia la causa dei tuoi malesseri!-  parlava senza guardarmi, fumando, come se stesse dicendo una cosa senza alcun interesse.
Girai la testa di scatto come se avessi visto un brontosauro nel mezzo alla strada. Lo fissai per pochi secondi e poi balbettai
-Eri tu? Allora eri proprio tu? Credevo di essere ubriaca…-
-Certo che ero io…- si portò la sigaretta alle labbra
-E… e cosa ci facevi a Covent Garden?- il mio cuore batteva così forte che si poteva sentire lo spostamento d’aria.
- Ti ho comprato un regalo-.