martedì 27 marzo 2012

Un giorno per caso - 18

- Un…che cosa?- esclamai stupita da quella rivelazione. La forte emozione mi provocò un terribile crampo allo stomaco e non riuscii più a trattenere la nausea che nel frattempo non era migliorata affatto.
-Oh no, mio Dio, no no no…- mugolai posandomi una mano sulla fronte.
- Ma cosa c’è di così terribile in ciò che ho detto?- mi chiese Robert continuando a fumare la sua sigaretta e voltandosi verso di me.
- Sto per vomitare, aspettami in macchina, vattene!- dissi iniziando a correre verso un albero poco distante e nascondendomi dietro di esso. Finalmente riuscii a liberarmi e mi sentii subito meglio…maledissi la cena della sera prima, non avrei dovuto esagerare in quel modo. Ripensandoci, però, dovetti constatare che il mio fisico aveva comunque dovuto sopportare emozioni che non sapevo nemmeno che esistessero: emozioni di un’intesità così grande che certo non ero abituata a sopportare. Nonostante avessi cercato in tutti i modi di dominarmi, di essere normale di fronte a lui, di non piangere dalla gioia, di non farmi prendere dal terrore di non essere alla sua altezza…avevo ceduto, non ci stava più nulla dentro di me. Menomale adesso avevo fatto un po’ di spazio…
- Trilly come stai? Hai bisogno di qualcosa?- mi arrivò la sua bella voce da dietro l’albero.
- Cristo, sei ancora qui?- mugugnai – ti prego, aspettami in macchina, non voglio che tu mi veda in questo stato pietoso…-
- Ma Trilly, non sei certo la prima ragazza che vedo vomitare – replicò lui – non voglio andarmene…-
-Non m’importa- lo interruppi- non vedrai me, ti prego…arrivo subito, aspettami in macchina, è tutto a posto, non ho bisogno di niente…- mi ero appoggiata al tronco del bellissimo e possente albero che mi proteggeva per riprendere respiro cercando in borsa qualcosa per pulirmi il viso.
- Ok..allora…vado in auto…mi sa che hai bisogno di un esorcista! - disse allontanandosi.
Scossi la testa sorridendo, avevo in borsa ogni tipo di salvietta…che strano, nemmeno avessi dovuto accudire dei bambini in viaggio…non ricordavo di aver riempito la borsa di quelle cose, ma in quel momento fui contenta di trovarle e smisi di pensarci. Mi resi presentabile, una caramella alla menta…perfetto. Mi alzai, andava decisamente meglio, cercai di scacciare il pensiero dell’orribile figuraccia, feci un respirone e mi dissi che il meglio della giornata aveva ancora da venire e poi… cosa aveva detto? Un regalo? Per me? Ma come? Eppure avevo sentito bene! Cosa poteva essere? Il cuore mi batteva e sentivo il rimbombo in tutte le parti del corpo. Mi mossi verso l’auto con un nuovo sorriso, più padrona di me. Aprii lo sportello e mi sedetti.
- Va meglio?- mi chiese, bellissimo.
- Mmmm…meglio, possiamo andare…magari...non importa che tu si senta un pilota della Parigi-Dakar…puoi andare anche più piano…- abbozzai un sorriso.
Mi fissava con le sopracciglia alzate e mise in moto la macchina partendo a razzo
-Come non detto- mormorai, lo vidi ridere e poi rallentare
-Non ci si annoia con te Trilly-   mi dedicò uno sguardo veloce
-Mi dispiace, scusami…sono mortificata-
-Non serve, non scusarti; non scusarti di… essere normale-
-Ok… dunque dimmi, cos’era quella storia del regalo?!-  gli chiesi.
-Te lo dirò quando arriveremo, tanto non manca molto.- fece una breve pausa e poi proseguì
- Era il tuo ragazzo? ... Quel tipo con cui cenavi ieri sera, è il tuo ragazzo?- guardava la strada.
- Chi? Giovanni? Ma no…è solo, solo un amico- risposi imbarazzata
- Non sembrava..ieri sera c’era molta complicità tra voi mentre cercava di farti mangiare quella schifezza- continuò
- Ci conosciamo da molto tempo… per un po’ ho avuto una cotta per lui, ma i miei sentimenti non erano ricambiati; adesso vorrebbe tornare sui suoi passi, ma io non sono più quella di qualche tempo fa… però mi fa sempre piacere stare con lui, è divertente- confessai.
Bobby esitò un paio di minuti e poi commentò
- Lo capisco, quindi lui è innamorato di te adesso… e tu, lo ami ancora?-
- Ma insomma, signor De Niro, io non posso farti una domanda in più sulla tua compagna di scuola Allison e tu mi tempesti di domande?? Che storia è mai questa?- sbottai
- Ma io sono Robert Thomas Pattinson…e posso fare tutte le domande che voglio…- ribatté impertinente.
-Oh certo…i miei ossequi maestà…. Dunque non devo chiamarti più Bobby, ora sei di nuovo Robert: benissimo, lo urlerò fuori dal finestrino!- risposi cercando di aprire il vetro.
- Che fai? Stai ferma, stavo solo scherzando!- rise.
- Sarà meglio per te, sir!- conclusi
Eravamo quasi arrivati: ero già stata a Brighton durante la famosa vacanza studio, proprio quella con Giovanni. La ricordavo un’incantevole cittadina sul mare e piena di divertimenti. Distava circa un’ora da Londra e già riuscivo a vedere il mare del Canale della Manica.
Durante il periodo estivo le sue strade sono sempre brulicanti di turisti e villeggianti, ma Brighton è anche una città d’arte e quindi ci sono anche molti teatri e musei che richiamano sempre molti artisti: forse era per questo che a Rob piaceva, la calma e la bellezza del mare, un po’ di vita culturale ed anche molti divertimenti, un insieme perfetto per uno come lui.
Ricordavo soprattutto il molo: il Brighton Pier, una costruzione lunghissima che si inoltrava nel mare con bei negozi tipici, ristoranti, club, il Luna Park. Mi chiedevo se a Bobby sarebbe piaciuto andare a passeggiare lì, in quel periodo invernale non c’erano molte persone.
Parcheggiò l’auto, scendemmo, lui prese una borsa dalla bauliera e ci incamminammo verso il lungomare quasi deserto. L’aria di mare entrava prepotente nei miei polmoni e la cosa mi rilassava molto, c’era una leggera brezza che faceva ravvivare il colore della pelle e Robert splendeva come un raggio di sole.
Trovammo una panchina al tiepido sole e decidemmo di fermarci lì. Bobby indossò gli occhiali scuri ed il berretto di lana: io, ovviamente, lasciai che il vento mi entrasse tra i capelli.
Bobby aprì la borsa e tirò fuori un sacchettino colorato con un elegante fiocco color rosa antico.
- Ecco il regalo di cui ti parlavo, questo è per te Trilly: per ringraziarti di avermi prontamente aiutato ed anche per dedicarmi il tuo tempo e la tua piacevole compagnia, del resto sono una persona che non conosci nemmeno, non eri obbligata a fare tutto ciò che hai fatto…- esordì porgendomi il pacchettino.
Ero così emozionata da quelle parole che non riuscivo più a distinguere ed a guidare i miei sensi…ero come pietrificata, Robert che mi stava facendo un regalo, lui aveva avuto un pensiero per me. Non sapevo cosa fosse e già sentivo venirmi le lacrime agli occhi. Cercai di ricacciarle indietro.
-Trilly?- mi chiamò con voce dolce.
- Sì! Scusami, sono molto sorpresa che tu…abbia fatto questo per me, io ti ho aiutato volentieri ed anche tu sei una piacevole compagnia!- balbettai.
- Dai, aprilo! – mi incitò.
Scartai quel prezioso pacchettino: dentro c’era qualcosa avvolto in una carta firmata Harrods in ogni dove; la tolsi e vidi ciò che conteneva, non lo avrei mai immaginato.
Avevo in mano un meraviglioso paraorecchie di cashmere nero: le cuffie che dovevano proteggere le orecchie dal freddo erano impreziosite da un disegno a forma di fiocco di neve creato con cristalli che presumevo essere Swarovski, ed anche se fossero stati sassi sarebbero stati splendidi comunque.
Ero senza un filo di voce, senza parole.
-Mia sorella ne ha uno simile, così almeno le orecchie le avrai al caldo, senza scomporti la capigliatura- mi spiegò candidamente.
-E’ bellissimo Bobby - dissi – ma…sei stato ad Harrods, non dovevi rischiare andando in quel luogo affollato solo per farmi un regalo…non eri a Covent Garden?- lo guardai perplessa ancora in preda alla semiparalisi.
- Allison è andata da Harrods per me- rivelò – poi aveva sentito dire che saresti andata a Covent Garden…ma non conosce l’italiano e quindi non aveva capito che saresti stata in compagnia, ti ha solo vista uscire con quel tipo e mi ha avvertito. Ho deciso di provare a cercarti per farti una sorpresa, ma poi ti ho vista al tavolo con lui ed anche tu mi hai notato…così… il resto lo sai.-
-E’ meraviglioso, grazie davvero!- esclamai indossando il mio regalo.
Bobby mi squadrò il viso e constatò che mi stava bene, meglio del mio cappello che definì “fosforescente”.
-E’ per trovarmi meglio!- spiegai.
Ero felice e stupita, ero tutta in tumulto ed in quel momento fui guidata solo dall’istinto, non pensai alle possibili conseguenze. D’improvviso mi avvicinai a lui e lo abbracciai forte ringraziandolo vivamente.
Ma qualcosa andò storto.
Mi sentii afferrare i polsi con forza e spingermi via lontano da lui.
Una voce imperiosa ed arrabbiata arrivò prepotente come uno schiaffo.
- Che cazzo stai facendo? Perché mi salti addosso?! – inveì contro di me, non lo riconoscevo: in un attimo era un’altra persona, cosa avevo fatto?
- Bobby io…scusami, non volevo…ho reagito d’istinto, calmati che ti prende? – cercai di rabbonirlo…
- Non ti azzardare più a toccarmi, non devi toccarmi! Mi sono spiegato bene?- puntava il dito indice verso di me, fuori di sé, lo sguardo perso nella rabbia – Fanculo! – gridò dando un calcio alla sua borsa.
Mi dette le spalle, indugiò un attimo e poi si diresse a passo sostenuto verso il mare: lo vidi accendersi una sigaretta e dopo qualche istante si sedette sulla sabbia umida e fredda.
Ero rimasta lì sulla panchina come un sasso: immobile, impaurita, dispiaciuta, non riuscivo a muovermi. Sulle mie gambe c’era ancora il regalo di Bobby con tutto il suo incarto.
Volevo piangere come una bambina che è sgridata dal padre. Non avevo intenzione di farlo alterare in questo modo, di procurargli fastidio. Mi resi conto che doveva essere ossessionato dalle ragazze che volevano toccarlo, saltargli al collo senza rispettare i suoi spazi. Sentirsi sempre le mani addosso per chiunque di noi sarebbe stata come una violenza ed io non ci avevo minimamente pensato. Gente che lo rincorre per strada continuamente, che gli spara flash negli occhi, doversi sempre guardare le spalle, se qualcuno lo sta fotografando o riprendendo: d’altronde lo avevo provato io stessa quando ci eravamo incontrati in libreria. Lo osservai da lontano e mi si strinse il cuore vedendolo lì solo a fumare. Dovevo fare qualcosa. E dovevo farlo subito, prima che tornasse.